sabato 28 giugno 2014

Racconti di Taverna - direttamente dall'Elfo Nero, le cronache del menestrello Licentious

Questo giro mi permetto un lusso e mi bullo pure un poco, da quando avevo 16 anni avrei voluto essere io l'autore di un Racconto di Taverna e, siccome questo stupendo mezzo lo permette, ecco la mia piccola e sarcastica storia, ovviamente ispirata a fatti avvenuti durante una sessione di gioco.

Una nota di colore, le immagini allegato a questo post sono state realizzate "dall'artista" del gruppo con cui mi ritrovo, un amico di vecchia data di nome Iari. Se qualcuno le gradisse, credo che gli farebbe piacere saperlo. Dedicherò alla sua grafica, che trovo molto divertente, magari un articoletto sul blog. Ma diamo spazio al racconto.

Di tutti i posti malfamati del Multiverso, c'è n'è uno particolarmente infame: l'Elfo Nero. Una locanda frequentata dalla peggiore feccia di innumerevoli mondi, individui spregevoli che vivono accoppando mostri, rubando tesori e approfittando di povere fanciulle indifese con la scusa di salvarle dai loro rapitori. Questi biechi criminali di fronte ad un boccale di birra, di sidro, o di altre sostanze ancora peggiori, si sciolgono la lingua, e cominciano a raccontare storie inverosimili (e spesso inventate) di mirabolanti imprese. Tendete l'orecchio, avventurieri in erba... Chissà che tra tante fole non riusciate a cogliere qualche suggerimento utile per la vostra carriera.

Se per il povero Kappa, da oramai più di vent’anni oste all’Elfo Nero, era prassi quotidiana servire bulli e manigoldi della peggior specie, carichi di arsenali e ferraglia varia che avrebbero steso un mulo, era altresì raro vedere i propri locali frequentati dal gentil sesso, figuriamoci da due fiori dall’animo gentile come Meena, una mezzelfo di nobili origini, e Paula, un’apprendista delle arti arcane, che spesso s’accompagnavano nei rari momenti di relax tra un’avventura e l’altra.
Le due se ne stavano ad un tavolo in disparte sorseggiando delle birre speziate, prelibatezza della cantina privata di Kappa, che condivideva solamente con gli aggradava. Tra un accenno di rissa e l’altro, l’oste non poté fare a meno di notare un certo disappunto sul viso delle due, che parevano aver intavolato una discussione accesa.

Preoccupato che a turbarle fosse il servizio del locale (del resto il suo progetto segreto, da sempre, era di riqualificare l’Elfo Nero e buttar fuori tutta quella gentaglia), le apostrofò così: “Ehm, Signore, c’è qualcosa che non va nella birra? L’arrosto non è di vostro gradimento?”. Le due si girarono e lo guardarono stupite, poi, sorridendogli (quale rarità pensò Kappa!), gli assicurarono che tutto era perfetto così com’era.
“È qui fuori che le cose non vanno come dovrebbero” confessò Meena, “Già, per poco l’ultima volta non ci lasciavamo i calzari e tutto il resto!” rinforzò il concetto Paula.
Kappa, che non parlava con una donna da almeno tre settimane, non si fece ripetere quello che considerò un invito implicito a conversare. Si asciugò le mani con lo strofinaccio che portava sempre appresso e, spostando una sedia da un tavolo vicino, si sedette accanto alle dame. “Cosa vi turba?” disse poi, “Se volete sfogarvi sono tutto orecchie!”.

La storia di Paula e Meena
 “Beh, insomma” iniziò Meena, “ci accompagnavamo a questo gruppo piuttosto eterogeneo da qualche mese e riponevamo una certa fiducia nei nostri compagni, anche perché avevamo condiviso le rigidità dell’inverno e i pericoli connessi all’esplorazione di tombe dimenticate di grandi maghi…”

(L’incipit di quella storia pareva piuttosto familiare a Kappa, anche se di solito era formulato in modo approssimativo o sgrammaticato).

“Sì,” l’interruppe Paula, anche lei bisognosa di parlare, “l’unica a conoscere da qualche tempo un membro del gruppo ero io, un prete di Tyr, un po’ impacciato e fissato con le buone maniere e le regole, ma in compenso un ragazzotto piacevole”. “Io, invece, ero stata scortata, visto le mie nobili origini, da quest’elfo scout, tale Halfgrimur del Reame Boscoso, un arciere sopraffino che faceva la spola con il mio paese”.

(Aridaje con l’originalità, si trattenne Kappa)

“Gli altri erano un cavaliere delle terre meridionali, tale Zeke, e un nano maniscalco, Mastro Arpino, un virtuoso del martello da fabbro, sempre ansioso di far quadrare i conti” s’alternò Paula. “Insomma, una compagnia premurosa e giudiziosa, costituita di valenti e coraggiosi uomini d’arme e  creature di grande saggezza, potendo contare su esperienza centenaria” disse Meena, “Già, quali eroi!” intervenne Paula, senza celare un certo sarcasmo.
 
Il party degli IVOLAI affronta il pericolo alla sua maniera - immagine per gentile concessione di IARI76
Solitamente, quando si gioca, ci si siede al tavolo con amici o conoscenti, ma capitano quelle occasioni nelle quali ci si affianca a persone mai viste prima: amici di amici, compagni di torneo, gente raccattata per la strada e via dicendo. Ebbene, prima di concedere a questi sconosciuti la vostra fiducia pensateci ben bene, poiché è proprio quando i vostri nuovi amici avranno preso confidenza che daranno il meglio di loro stessi. Ma lasciamo proseguire le fanciulle.

“Insomma un’allegra compagnia!” sentenziò con pretestuosa ingenuità Kappa.
“Allegra, allegra!” gli fecero il coro le due, guardandosi reciprocamente.
“Non ti dico! Il cavaliere era un infoiato” disse Meena senza fare troppi giochi di parole “ogni volta che ci trovavamo in una taverna, anche nei posti più pericolosi, provava ad attaccar bottone a qualunque femmina mostrasse la minima disponibilità, reale o supposta.”
“Certo che un po’ aveva ragione, non batteva chiodo da mesi oramai, aveva i capelli dritti e gli occhi spiritati.” aggiunse Paula più comprensiva, quasi divertita, “Tu almeno ti consolavi con quello gnomo dei boschi!”. Meena arrossì momentaneamente colpita nel vivo, ma si riprese subito: “Eh, vabbè! Quello c’era, i migliori te li prendi sempre te! Come se non lo sapessimo che te la facevi con Kloi di Tyr,  alla faccia dei precetti e della giustizia. Bell’esempio!”

“Signore, suvvia, “ tentò Kappa, “la vita degli avventurieri è cosa dura, che ammette debolezze a volte”, l’oste non si divertiva tanto da mesi.

Il bello dei gdr è che, come nella vita reale, ci si deve mettere a confronto e interagire con persone anche molto diverse da noi. Quindi, ognuno parte con un’idea scritta a tavolino nella propria stanzetta e poi, quando si trova a condividerla con gli altri, capisce di essere finito nell’armata Brancaleone. Il cavaliere ha delle esigenze sessuali, la maga flirta col chierico e la mezzelfo seduce lo gnomo ignorante, pur di estorcere qualche informazione. Chi l’avrebbe prospettato all’inizio, prima che il grande viaggio cominciasse?

“Beh, sì, comunque stiamo divagando.” smorzò i toni Paula, “veniamo al punto e cioè al posto di guardia dei nani del clan Lama Scintillante”. “Va bene,” acconsentì Meena, “dovevamo procurarci qualche indizio per capire quale maledizione fosse finita sul villaggio vicino e come mai i nani se ne fossero andati. Riuscimmo a penetrare nel loro posto di guardia che effettivamente era stato abbandonato da tempo. Un atrio particolarmente spazioso era adornato da tre grandi statue raffiguranti guerrieri del clan, vestiti di pesanti armature. Anche se non c’era un motivo razionale ne eravamo tutti spaventati.”
“Esatto,” continuò l’umana, “c’era qualcosa di particolare in quei guardiani immobili. Decidemmo quindi di evitare di trafugare qualunque cosa ci fosse capitato di trovare. Finimmo quindi, durante l’esplorazione, in quella che pareva la sala delle armi, anche se le rastrelliere appoggiate alle pareti  erano vuote. Ad attrarre la nostra attenzione invece fu una gemma simile ad un rubino, grande come un cuore di bue, poggiata su un’esile colonna che rimaneva al centro della stanza”.
“Le cose si fanno interessanti” fece Kappa, che oramai non pensava più al lavoro.
“Già, fin troppo” gli rispose Meena, “è infatti si sentiva puzza di trappola fino all’Alto Picco dei troll. Quatti quatti decidemmo di ispezionare le rastrelliere raccomandandoci l’un l’altro di evitare azzardi. Quindi stavamo lì  a frugare un po’ dappertutto e, proprio mentre eravamo girati di spalle, sentimmo uno STOCK!!, seguito da un cigolio di ruote come se si fosse azionato un meccanismo…”
“E quindi?” incalzò l’oste, era dai tempi del trio Bullo, Dugorian e Gorgo che non udiva una storia avvincente come quella.
“E quindi ci giriamo e vediamo quel buontempone dell’elfo che ci sorride, ha un coltellino nella mano sinistra e la gemma in quella destra. Non mi ci fare pensare! Più di cent’anni di esperienza e si comporta come un adolescente alla fiera delle ninfe. Sai, quando la nonna mi raccontava le storie sugli elfi mi diceva che erano buoni e saggi” Paula si bagnò la gola con un sorso di birra. “E  io me le sono bevute tutte queste storie: elfi di qua, saggi di là. Ma va, va, altro che primigeni ed eterei! Tutti a pensare al soldo come noi poveracci!” si sfogò.

Il buon Halfie all'opera - - immagine di IARI76
Effettivamente molti giocatori di nuovo e vecchio corso sono, in primis, lettori di Tolkien che associano la cupidigia all’animo umano. Al contrario gli elfi, anche grazie al loro lignaggio che gli garantisce spesso spazi di terra ricca e fertile e alla magia, dovrebbero esserne immuni. Questa lettura non è sempre corretta, per fortuna lo sceneggiato “Il trono di spade” sta sdoganando anche personaggi più ambigui con fini personali e non orientati al bene supremo (cosa esso sia, poi, è cosa da concordarsi). Comunque la si veda, i giocatori che scelgano di impersonare un elfo dovrebbero considerare anzitutto l’età del personaggio e pensare a come si possa comportare un essere che ha vissuto tanto a lungo (una specie di vampiro biondo). Insomma, il gesto di Halfgrimur giunge del tutto inaspettato agli occhi del gruppo. A ferire però Meena e Paula è il tradimento del compagno che ha anteposto la sua curiosità e avidità all’incolumità dei compagni.
Kappa rimase spiazzato: “Effettivamente mio nonno, Tetrapek il Cauto, mi ripeteva sempre di non lasciare l’attività di famiglia e che era arrivato a 50 anni ancora in salute perché, le avventure, si era accontentato di ascoltarle e basta”.
“Sante parole, per Mystra!” approvò Paula “non ti puoi immaginare il putiferio che si scatenò dopo, che quasi non credo di essere ancora tutt’intera. Se penso ai martelloni delle statue naniche mi finiscono le mutande in mezzo al sedere!” “Va beh, siamo qui, sorseggiamo quest’ottima birra mentre aspettiamo che Zeke, il nostro amico cavaliere, abbia sistemato le cose nel retrobottega…” Meena strizzò un occhio in direzione della compagna d’avventura e dell’oste. Fu allora che Kappa, ripresosi dall’incantesimo del racconto, si capacitò che sia Sonia che Melissa non erano più nel salone a servire i clienti che giustamente stavano facendo le loro rimostranze alla maniera dello scalo portuale.
Non senza disappunto salutò le due dame, oramai brille, e tornò ai suoi affari.

Morale finale: c'è sempre qualcuno dotato del cosiddetto “genio e sregolatezza” nella compagnia, colui in grado di movimentare le vostre sessioni e renderle indimenticabili. Un buon gruppo individua il figuro e lo amministra come fosse un cavallo da corsa, perché tanto è capace a creare disavventure come a gettare scompiglio nei ranghi nemici. Quello che non vi aspettate, lui lo fa.
Certi giocatori, tuttavia, non gradiscono troppo le sorprese, motivo per quale il DM dovrebbe sempre cercare di mantenere un equilibrio di fondo in maniera tale da evitare lo sgretolamento del party. Di tutte le cose tristi che possono accadere al tavolo da gioco, la peggiore è vedere i giocatori (non i personaggi) discutere animatamente.

4 commenti:

  1. salvo in Word, leggo con calma e commento con cognizione di causa. Molto simpatici i disegni, la statua del nano mi sembra particolarmente espressiva.

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  2. Molto simpatico! Devo confessare però che ho gradito di più gli inserti "didattici" che non la storia in sé, ma non sono sicuro che il tuo intento originario fosse di renderli ironici!

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    1. Dai, sì, l'intento è sempre quello di prendersi in giro, che dicono sia il segreto per rimanere giovani ;)

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