giovedì 21 dicembre 2017

La sbalorditiva resurrezione di Dungeons and Dragons.

Jon Freeman, uno psicologo clinico, si sentiva esaurito. Passava i suoi giorni in un ufficio a Manhattan, coordinando decine di assistenti ricercatori intenti a testare sulle persone farmaci contro l’ansia, la depressione e l’insonnia. Cercando una via d’uscita da quella routine, notò che sua figlia spesso non aveva nulla da fare nel dopo scuola. Prendeva il controller della Nintendo Wii e scivolava in “un mondo di isolamento digitale”, ricorda Freeman. Di tanto in tanto riusciva a distrarla grazie ai giochi da tavolo. “Ebbi quindi questa idea: perché non proporre questa attività su più larga scala? Non potremmo coinvolgere il vicinato?”
 
Freeman lasciò il lavoro e, poco più tardi, nel 2011, i primi clienti – inizialmente gli amici di sua figlia – cominciarono a popolare il suo pop-up club Caffè dedicato ai giochi da tavolo, il Brooklyn Strategist, un luogo dove i bambini ed i loro genitori potevano sedersi e giocare titoli classici e meno rinomati, gustandosi portate vegetariane e analcolici allo zenzero fatti in casa. Grazie all’esperienza maturata nel laboratorio di ricerca, Jon catalogò i giochi da tavolo posseduti per abilità cognitiva, suddividendo questi passatempi a seconda della funzione del cervello che essi stimolavano – così da farne lavorare un aspetto alla volta.

 

Un giorno un bambino, che si era stufato di un gioco sportivo a base statistica, chiese se Freeman avesse mai sentito parlare del gioco di ruolo Dungeons&Dragons, e se fosse possibile farci una partita. Il gioco in questione non ha né tabellone, né carte. Se viene utile i giocatori possono utilizzare delle mappe. In sostanza è una narrazione condivisa dai giocatori, che controllano dei personaggi (elfi, nani, gnomi, umani), e un Dungeon Master, che descrive il mondo e utilizza dadi per determinare i risultati in seconda persona (“Vi imbattete in un gruppo d’orchetti, che stanno attraversando la strada. Cosa fate?”). Freeman si rifiutò per una settimana o due – il gioco era troppo aperto, e non aveva uno specifico beneficio cognitivo – ma il cliente continuava ad insistere, così infine andò nell’attico dei suoi genitori, ritirò fuori i suoi vecchi manuali di D&D e scrisse un’avventura. “Provai a inserire tutti gli elementi, “ ci racconta, “un po’ di esplorazione e un po’ di combattimento. Se la divorarono letteralmente.” La notizia si sparse. Qualche mese più tardi una mamma lo fermò per la strada con le lacrime agli occhi. “Cosa state facendo?” gli chiese. Suo figlio era dislessico e stava partecipando alle sessioni di gioco di ruolo presso il Brooklyn Strategist da un paio di settimane. Prima di D&D non riusciva a concentrarsi sulla scrittura per più di pochi secondi. Ora passava intere serate a scrivere storie sul suo personaggio. “Qualunque cosa sia, vi prego di vendermelo,” disse la madre.
 
Il negozio di Freeman è diventato permanente nel 2012 ed è stata aggiunta una caffetteria francese al locale. Alcuni mesi più tardi Gygax, una rivista dedicata al co-creatore di Dungeons & Dragons scelse proprio il Brooklyn Strategist per ospitare la festa di lancio della testata. Un giornalista di Wired, recensendo l’evento, chiese ai fondatori del magazine perché volessero sprecare le loro energie in quel tipo di pubblicazione (per non dire negozio) quando “sono i video giochi, non Dungeons&Dragons e gli altri RPG, ad essere il vero affare?”
Pare che le cose però stiano cambiando. Due popolari show inerenti i giochi di ruolo, “The Adventure Zone” e “Critical Role,”  hanno fatto sì che i vecchi sostenitori di Freeman gli chiedessero con insistenza di dedicare molto più spazio a D&D. Così Freeman ha dovuto assumere sei Dungeon Master per far giocare i bambini e addestrarne altri volontari per intrattenere gli adulti che passano i Giovedì a combattere goblin, ingannare guardie e sorseggiare vino.
 
Le nottate passate a giocare a Dungeons&Dragons si sono diffuse nelle classi e nei negozi di giochi in tutto il paese (ndr. si parla degli USA ovviamente). Quaranta dollari (ndr. “40$ a day” era uno show dedicato alla ristorazione) in Portland, Oregon, ci porta a “Orcs! Orcs! Orcs!” (ndr. “Orchetti!Orchetti!Orchetti!), un ristorante pop-up il cui stile si ispira a quello di una taverna di D&D, che offre anche piatti artigianali (la sera propone, ad esempio, boccali di birra e porchetta di maiale). Nel Massachusetts, sia che nevichi o splenda il sole, una serie di campeggi chiamati “Guard up” (ndr. guardia alta) offrono ai bambini la possibilità di giocare per i campi di Burlington con spade di spugna e fucili giocattolo, fondendo il gioco con l’apprendimento (ogni estate, durante il campeggio, romanzi come “La fattoria degli Animali” o “Ventimila leghe sotto i mari” vengono adattati ad apocalissi zombi, che sono poi giocati dagli iscritti. In altri, durante un momento distensivo, Gandalf potrebbe comparire sul percorso di una corsa campestre per consigliare esercizi fisici). “Mi è capitato che alcuni genitori si arrabbiassero con me,” dice Freeman, che recentemente ha aperto un altro negozio vicino all’università di Columbia, “perché iscrivono i loro bambini a sessioni di gdr e i miei collaboratori stanno provando ad espandere i loro orizzonti oltre D&D per addentrarsi in altri giochi indipendenti. Ma i genitori si lamentano perché ‘se non giocano a D&D, allora non so se si divertono veramente’.
 
Questo cambio di visione lascerebbe esterrefatto un viaggiatore uscito da una macchina del tempo. Negli anni ’70 e ’80 Dungeons&Dragons, con le sue tematiche soprannaturali, era la fissazione dei media intenti ad una crociata culturale. I giocatori di ruolo erano visti come la categoria meno produttiva dei nerd, intenti a consultare mappe, lanciare dadi e accendere candele per vedere i loro soldatini medievali. Non si mischiavano a nessuno. Differentemente dagli hippie, erano usciti di scena senza preoccuparsi di adattarsi. Anche la politica, spinta dai moralisti cristiani, denunciava la loro preoccupazione per l’occultismo diffuso dai giocatori di D&D. Peggio ancora, i genitori temevano che queste dicerie di druidi incappucciati in neri mantelli e paladini a cavallo potesse nuocere alla stabilità mentale dei loro figli, portandoli a confondere realtà e fantasia. Alla fine del 1982 un film TV “Labirinti e Mostri” vede come protagonista un travagliato giocatore, interpretato da un ancora sconosciuto Tom Hanks, che perde contatto con la realtà, credendo di vivere nei pressi di un bosco oscuro bisognoso di eroi. “Ha visto i mostri. Noi no,” dice la voce fuoricampo della sua ex-ragazza, “non abbiamo visto niente se non la perdita di ogni speranza e di un amico.”
 
Sono passati decenni e ci sono stati altri film su D&D, mentre il gioco si modificava con le uscite di nuove edizioni. Ma l’interesse scemava, caduto come un orchetto colpito da una spada bastarda. I progettisti del gioco, circondati da cloni e perplessi su come esportare D&D online, avevano prodotto ineleganti tentativi di sviluppo di nuovi manuali che mimavano i video giochi, che lo stesso D&D aveva ispirato. La morte di Gygax, nel 2008, fu salutata con una serie di messaggi di cordoglio, ma non rinnovò l’entusiasmo per la sua creatura. Ma quando la quinta edizione di D&D è uscita in commercio nel 2014, qualunque ne sia il motivo, ha riacceso l’interesse per le sacche del contenimento e gli elfi scuri dai capelli d’argento. I manuali sono andati a ruba. “C’è più gente interessata a di D&D di quella che ci aspettavamo,” dichiarava Mike Mearls, il capo sviluppatore, mentre le ristampe si esaurivano nei magazzini. “Chi è questa gente? Cosa vuole?”
 
Nel 2017 chiamare i tuoi amici a casa per costruire assieme una storia che esiste solamente nella mente dei presenti acquisisce un significato completamente diverso da quello attribuitogli nel 1987. E il timore che il gioco di ruolo possa minare una psiche già fragile è stata capovolta. I terapisti utilizzano D&D per aiutare bambini con problemi a parlare di esperienze che altrimenti li imbarazzerebbero, e ragazzini autistici usano il gioco per migliorare la loro capacità di socializzazione. L’anno scorso alcuni ricercatori hanno mostrato che un gruppo di centoventisette giocatori di ruolo possedevano un’empatia superiore alla media e uno studio brasiliano del 2013 ha dimostrato che l’utilizzo del gioco di ruolo è estremamente efficace per insegnare biologia cellulare agli studenti universitari.
 
Gli adulti amanti di D&D sono ormai dappertutto. Drew Barrymore e Vin Diesel giocano regolarmente (o almeno così professano). Molti softwaristi, dalla Silicon Valley  a Brooklyn partecipano a campagne che vanno avanti da anni; gli stessi sceneggiatori e scrittori del “Trono di Spade” sono stati tutti Dungeon Master.
Ciononostante l’immagine dei reclusi persiste anche tra i fan. “Faremo alienare il 99% della gente là fuori adesso,” ha detto Stephen Colbert a Anderson Cooper l’anno scorso, durante “The Late Show”, mentre ricordavano con affetto i loro personaggi: un elfo ladro e una strega. “Chiudersi in casa è molto emozionante,” ha risposto Cooper. “Sfigati,” ha aggiunto Colbert.
 
Gli “sfigati” potrebbero essere più numerosi adesso di quello che potrebbe aspettarsi Cooper. “The Big Bang Theory” è una serie TV su alcuni giovani scienziati che lavorano per una ditta chiamata CalTech, che passano gran parte del loro tempo tra i loro laboratori e il negozio di fumetti. I protagonisti dello show giocano spesso anche a D&D. In un episodio il fisico teorico veste i panni del Dungeon Master per alleviare lo stress della gravidanza della microbiologa. Lei finge, per una serata, di vivere in un mondo dove solo gli uomini stanno con i bambini (“Tuo marito è a casa che cerca di non farsela sotto mentre lui ride”), di bere una birra dal teschio di un goblin e di mangiare sushi preparato con la carne dei mostri che lei stessa ha macellato. Quattordici milioni di persone hanno seguito l’episodio.
 
Dungeons&Dragons pare aver trovato un posto nella psiche di questa generazione, catturata da una mania collettiva per il fantastico. Molti sono quelli che hanno passato l’infanzia a leggere i libri di “Harry Potter”, che sono cresciuti con i film del “Signore degli Anelli” (e dello stesso maghetto della Rowling) e si sono ritrovati giovani adulti in compagnia del “Trono di Spade”. Non dimentichiamoci dell’imminente ritorno di “Stranger Things”, una serie affine a Dungeons&Dragons che non solo prende a piene mani dalla sua cultura, ma viene giocato dagli stessi personaggi principali.
 
 
L’anno scorso Dan Harmon, il creatore di “Community” e avido giocatore di D&D, ha prodotto e partecipato a “HarmonQuest”, show televisivo nel quale personaggi famosi giocano di ruolo. Ha così esposto la sua teoria sulla popolarità del gioco: siamo sempre stati nerd, ma non sapevamo come confessarcelo l’un l’altro. Essere nerd “non ha nulla a che fare con il QI o l’essere ‘diversi’, è semplicemente l’attitudine alla concentrazione e al prendere qualcosa seriamente”, ha dichiarato a Entertainment Weekly. “Internet ha permesso a tutti di capire che ognuno di noi ha un lato nerd.”
A volte Internet rivela queste verità ancora più chiaramente. In un recente articolo di The Altantic, circa la supremazia bianca negli Stati Uniti, Ta-Nehisi Coates ha scritto di “energie spettrali” (ndt. letteralmente ‘eldritch energies’) rilasciate da “orchesche star dei reality televisivi”. Quando qualcuno ha fatto notare la sua scelta lessicale Coates ha replicato: “Dungeons&Dragons è stata la mia prima letteratura, assieme all’hip-hop. Non si può fuggire da ciò che si è.”
 
Ciononostante, senza dubbio, l’evasione fa parte dell’attrazione. Osservando la massa che ha risposto al richiamo di tirar fuori dadi e matite, per combattere contro un signore dei demoni, si potrebbe pensare che non si tratta di qualcosa di nascosto che è venuto alla luce, ma che i termini di nascosto sono mutati. Quando la cultura dominante americana era perlopiù passare giornate in catena di montaggio o in sale riunioni piene di fumo, o quella di calarsi acidi e collassare in un campo per esplorarsi al 100%, l’idea di ritirarsi attorno ad un tavolo fiocamente illuminato per creare storie con tre o quattro amici pareva inutile ed antisociale. Oggi che essere americano spesso significa stare solo o interagire a distanza, digitando su Instagram nei pressi di un attraversamento pedonale, o stesi proni davanti ad un computer portatile collegato a Netflix, tre o quattro persone in carne e ossa che imbastiscono un mondo di fantasia senza il supporto di pixel potrebbe sembrare quasi una forma di ribellione, o perlomeno un’attività piacevolmente fuori dall’ordinario.
 
Trenta o quarant’anni fa le persone riuscivano, tramite la matematica basata su tiri di dado di Dungeons&Dragons, in ciò che i video giochi, e il mondo in generale, ancora non potevano offrire. Oggi il caos di dadi fisici è rassicurantemente goffo e lento, se confrontato alla velocità con la quale nervosamente conteggiamo i “Like” sotto un post di Facebook. Disconnettersi dal mondo dei social per una sera non significa ripudiare la comunità timorata di Dio che ci ha allevato, tuttavia qualcosa di eretico permane in questo intrattenimento lo-fi.
 
Per stare sul sicuro, l’ultima generazione di esploratori di sotterranei ha introdotto le nuove tecnologie per coadiuvare quella che altrimenti sarebbe una narrativa libera e spontanea. I Dungeon Master spesso tengono un computer vicino a loro per consultare il regolamento o proiettare mappe di villaggi fantasy, dove muovere i personaggi come fossero scacchiere. Molti giocatori (ndt. quando non possono presenziare di persona ad un sessione) siedono di fronte al loro PC, dotato di microfono e cuffie per lanciare incantesimi in video conferenza.
 
Ciononostante l’enfasi, anche al giorno d’oggi, non è su queste modalità di gioco, ma di muoversi sotto traccia. Una decina di anni fa, quando gli sviluppatori tentarono di portare Dungeons&Dragons nel 21° secolo riempendolo di regole che potessero ricordare un video gioco, il collante del sistema, l’aspetto narrativo che ha attirato tante persone, si squagliò. I giocatori facevano a pezzi i mostri, rubavano il tesoro, segnavano i punti esperienza freddamente per passare ad una nuova sfida. Gli autori della 5a edizione paiono essersi ricordati che la forza di D&D risiede nella creazione di un’identità alternativa (perdersi nelle vesti di uno gnomo, impegnato o meno in una missione, e passare tempo a flirtare in taverna) opposta a qualunque modalità prevalente, dettata al pubblico più vasto dall’industria umana. D&D ha ora regole nettamente più semplici di quelle elencate su una nota termini e condizioni d’utilizzo iTunes. Le strutture ideate dai progettisti sono più semplici e soggettive. Se un giocatore ha un’idea brillante non è più necessario mettere le mani al manuale, per trovare come applicare un bonus definito. Il Dungeon Master può valutare per un momento la situazione – può un nano con un basso carisma, con pochi banali complimenti, convincere una città popolata da elfi ad amarlo? – quindi decidere se premiare il giocatore con una possibilità extra di successo.
 
Gli sviluppatori del gioco hanno iniziato a descrivere D&D come fosse un passatempo pensato da poeti dell’Età del Bronzo. “Fin da quando eravamo primitivi seduti attorno al fuoco, abbiamo raccontato storie l’uno all’altro,” ha spiegato un progettista di D&D. “Nessuna tecnologia digitale può al momento emulare perfettamente questo processo.” E sappiamo che Gygax sarebbe d’accordo con questa affermazione. Ad inizio anno una graphic novel intitolata “Rise of Dungeon Master,” (ndt. L’ascesa del Dungeon Master) basata su interviste per un articolo di Wired di David Kushner, ritrae il creatore di D&D vestito di una toga, seduto su di un trono, intento a giocare una sessione finale prima della sua dipartita. “D&D non è un gioco on-line,” dice Gygax a Kushner. “Non c’è interpretazione in un gioco on-line, che possa eguagliare quello che accade di persona.”
 
È ciò che accade anche al mio tavolo da gioco. Alcuni mesi fa ero a San Francisco e stavo partecipando a sessioni di D&D con altri tre gruppi di persone. Erano venuti a casa mia per staccare un po’ dalle loro vite lavorative presso Google o Airbnb, o dalle loro dissertazioni da dottorato sul cinema russo o i costumi medievali. Per tre o quattro ore si sono invece concentrati su come convincere un goblin a rovesciare il suo re. Durante la sessione un giocatore ha sentito vibrare il cellulare in tasca, ha scorso lo schermo illuminato e, a tremila miglia di distanza, ha letto la notizia che Michael Flynn, il consigliere per la sicurezza nazionale, si era dimesso dall’amministrazione Trump. “Metti via,” gli ha detto un altro giocatore, “questo è il genere di cose che sono venuto qui a dimenticare.”
 
 

6 commenti:

  1. Grazie della traduzione e della diffusione. Cade a fagiolo: la prossima settimana riprendiamo la B10 e chissà che non si riesca a finirla.

    TANTI AUGURI!

    PS: credo che ti sia dimenticato un "dai" tra "pensato" e "poeti".

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    1. Ciao Luca,

      correzione fatta, grazie!
      Che bello, immagino come sia carico di aspettative questo momento, altro che Risiko!
      Io sarò impegnato il 27 con la fine del primo scenario di Temple, Tower and Tomb, che ho inserito per staccare un po' dal plot della RF2. Con un altro gruppo ho iniziato Mercoledì scorso la G2, l'antipasto con gli yeti che ha un po' mosso gli animi!

      In ogni caso tanti auguri per un sereno Natale e, se non dovessimo sentirci prima un felice anno nuovo!

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    2. Altroché se siamo carichi di aspettative! Il blog della campagna è in pieno fermento già da alcuni giorni, con riassunti, sondaggi, ecc.
      Buone giocate e Buon Natale!

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  2. Bell'articolo, davvero!
    Mattia: che avventura è la G2? Mi dai il titolo? Se ci sono gli yeti mi interessa di sicuro (sono tra i mostri che preferisco).
    Un saluto a tutti i lettori dell'Orto e un augurio di Buon Natale :)

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    1. Ciao Maurino,

      come, dai, mi prendi in giro?
      "The glacial rift of frost giant Jarl" ovviamente!
      In versione originale sono 8 pagine di divertimento, ottima sotto le feste!

      Mi lancio in una sdolcinatezza: sapere che ci siete al di là del mio schermo mi ricompensa delle ore spese a scrivere (o tradurre) articoli.

      Va a finire che un po' vi voglio anche bene...

      Un caro saluto e tantissimi auguri di un sereno Natale.

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    2. Ah! Giusto! Pensa che ho preso pure la raccolta dei Dungeon "storici" usciti con l'antologia "Tales of the Yawning Portal" e lì sono inserite tutte e tre le avventure della trilogia dei Giganti ... sto invecchiando :-)
      Quanto a me è sempre un piacere tornare a visitare l'Orto (sempre più spesso, ormai è una sana abitudine) e sarebbe davvero bello se un giorno ci potessimo ritrovare insieme tu, Luca e il sottoscritto per una avventura di quelle "Old Style"!!!
      Intanto ancora auguri e a presto.
      Mauro

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