martedì 29 agosto 2017

La Stanza Profonda di Vanni Santoni - una non recensione

Con un libro a metà tra saggio e romanzo, Santoni ci racconta di una generazione di (giocatori) italiani della quale molti probabilmente non sapevano nemmeno l’esistenza. Dediti ad un passatempo oscuro, che a volte non si esaurisce con la maggiore età (se giochi a calcio, e non hai i piedi buoni, sai benissimo che a 18 anni la tua carriera avrà un termine) questi figuri popolano (o hanno popolato) tavernette, solai e garage, messi gentilmente a disposizione dalla famiglia di un membro del gruppo. I giocatori sono massoni che ripetono un rito, sessione dopo sessione, e costruiscono una loro realtà alternativa nella quale certe imposizioni esterne possono essere simbolicamente combattute, e nel più fortunato dei casi abbattute o corrette. E questo, ahinoi, sappiamo nel mondo reale non avviene mai.

 
Il protagonista del romanzo di Santoni è un adulto che, complice un forzato passaggio a casa dei genitori, ritrova le orme della sua carriera ludica nella Stanza Profonda, l’ex rimessa convertita a camera aggiunta nella villetta di famiglia. Ormai distaccato da quel mondo di fantasia e deciso a vendere su eBay gran parte della mercanzia vintage, egli rivive mentalmente con nostalgia i legami che lì si sono formati, consolidati, diluiti, e infine sciolti. La Stanza Profonda è secondo Santoni un luogo di resistenza. È l’appiglio al quale il gruppo storico, ma anche diversi ospiti occasionali, fa riferimento per ritrovarsi e sopravvivere. Questo mentre fuori il paese si spopola, mentre le attività chiudono senza rinnovarsi, mentre i giovani cercano una strada nella vita che lì non può più essere.
 
Ho sentito affine questo libro, forse anche per una coincidenza anagrafica con l’autore, sin dalle prime pagine quando il protagonista, ricordando le facce dei giocatori alternatisi nella Stanza, si pone la fatidica domanda: chi era questa gente? Mi sono posto spesso questo interrogativo. Non è una pratica scontata tracciare un solco tra coloro che ci sono realmente affini e l’umanità varia che popola per qualche casuale motivo le nostre giornate. Comprendere che nel momento contingente esiste un interesse comune, qualcosa che risulta appagante a prescindere delle persone. Sia esso D&D, il più popolare Fantacalcio, il ritrovo al bar sotto casa, ma anche il sesso; terminato il passatempo, cosa rimane attorno a noi?
 
Bisogna però riconoscere che il gioco di ruolo ha il merito di costituire un’enclave che gli affezionati possono ritornare a visitare con un volto nuovo, pensato ad hoc. Tra le pieghe dell’essere e dell’apparire, come Vampiri ci ha ben insegnato con i dettami di Natura e Carattere, il giocatore di ruolo si rigenera, novello revenant, e tentare di recitare una nuova parte, ancora una volta da protagonista.
 
È uno dei motivi per i quali si torna a giocare, dopo anni di assenza dal tavolo: per avere una seconda (terza, quarta, quinta…) possibilità, per essere parte attiva in un gruppo, per risultare decisivi nelle proprie spinte rivoluzionarie che, complici il modello 730 ed il mutuo da pagare, si sono mano a mano affievolite. Capita a qualcun altro di riuscire a far coincidere gli impegni di 5 o 6 persone adulte solo se si organizza una sessione? E magari di vedere in quegli uomini, più o meno realizzati, nuovamente un fuoco negli occhi, consci che lì, quella sera, conteranno davvero qualcosa.
 
Quindi alla riflessione della resistenza, proposta da Santoni, aggiungerei quella rivincita e del rinnovamento. Peccato che terminata la birra, allo scoccare dell’orario prestabilito, calino le luci del sipario. E ci si riveda solo, forse, la volta successiva.
 
La Stanza Profonda parte un po’ lento, ma accelera e scarta nel finale. Ho trovato, e qui non fornisco anteprime, particolarmente piacevoli le ultime 50 pagine. Qualche commento su Amazon, di solito leggo solo quelli negativi, lamenta un vago senso di incompiutezza del romanzo. In effetti si ha la sensazione che ad un certo punto “debba” accadere qualcosa, per giustificare una svolta e procedere alla conclusione. Nonostante ciò Santoni ha alcune intuizioni notevoli e fornisce un’equa rappresentazione del giocatore di ruolo e della sua delirante ricerca di altri sognatori.
 
Per concludere ritengo la Stanza Profonda una lettura consigliata a chiunque abbia preso in mano un manuale o abbia partecipato ad una sessione negli anni ’80/’90; pur rimanendo un tratteggio storico interessante anche per chi si sia avvicinato a quest’hobby in tempi più recenti. Credo invece risulterà piuttosto barboso per i profani, che non sanno cosa sia un gioco di ruolo o non abbiano mai amato questa attività.

7 commenti:

  1. Avevo adocchiato questo romanzo ma anche grazie alla tua recensione penso che me ne terrò alla larga: sembra essere assai deprimente! :D

    Io comunque non ricondurrei il gioco di ruolo alla sola necessità di fuggire dalla realtà, secondo me è bello in sè per creare una mitologia condivisa.

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    1. Ciao Luca,

      forse non sono stato chiaro, e mi correggo subito perché non si generi confusione. Nel libro il messaggio è che il gioco di ruolo è proprio il contrario dell'escapismo. Invece è resistenza, una coriacea rivolta ad un dilagante disfacimento della realtà.
      Mentre gli anni corrodono gli spazi, i negozi, i ritrovi, le compagnie, la Stanza è lo scoglio verghiano dei Malavoglia al quale appigliarsi.

      Ci sono altre chicche delle quali non ho parlato, anche perché da titolo è una non-recensione. Ad un certo punto i ragazzi non riescono a far capire a degli agenti delle forze dell'ordine, che fanno una specie di retata durante una sessione di gioco, pensando il gdr sia una bisca, che in questo passatempo non vince nessuno. Come a dire che nella società moderna qualcuno debba per forza spuntarla sugli altri.

      Si tratta di un momento particolarmente esilarante e di grande amarezza al contempo. Comunque a Modena, presso la biblioteca Delfini, è stato tra le letture consigliate per diversi mesi. Se anche dalle tue parti lo trovi da prendere in prestito facci un pensiero, potresti leggere anche la tua storia!

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    2. L'episodio della bisca mi ha ricordato quando la polizia ci fermò una sera perché eravamo su un furgone per andare a giocare da un amico che non abitava in zona :D

      Sul libro ci farò un pensiero, allora. ;)

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  2. Ho letto i libro e lo reputo uno spaccato al quanto fedele dell'avvento del GdR in Italia. Pur rimanendo spiazzato inizialmente dalla sintassi e dalla struttura de libro, la lettura non mi ha portato via molto tempo. Scorre molto veloce. Mi sono ritrovato in molte situazioni descritte essendo un DM sempre in cerca di nuovi giocatori o un pubblico al quale narrare le mie storie. Differenza sostanziale tra me e il "protagonista" è che mi sono basato poco su un mio regolamento, ma ho usato sempre regole ufficiali (pur con alcune modifiche).
    Consiglio la lettura del libro a chiunque abbiamo giocato di ruolo negli anni 86-96...... e se siete, come me, in crisi di astintenza da gioco di ruolo, vi può scappare un sorriso agrodolce leggendo alcune situazioni narrate nel libro....

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    1. Ciao Shadar,

      che bello risentire tanti amici di penna dopo le vacanze!

      Quella che citi è una delle differenze che ho constatato tra me e Santoni, infatti da noi c’era abbondanza di giocatori. La scatola rossa l’ha provata gente insospettabile. Un paio di settimane fa è venuto a trovarmi un compagno delle elementari e, vedendo qualche manuale in mezzo alla libreria, mi ha raccontato che anche lui ha vissuto un periodo bellissimo col suo vicinato, nel quale giocavano in continuazione. E poi mi ha confessato un po’ di nostalgia per quei tempi. D&D lo giocavano anche le cosiddette grandi compagnie degli anni ’80 a quanto ne so, si ritrovavano al bar delle polisportive per le loro sessioni.

      Forse quello di Modena è uno spaccato diverso dal resto d’Italia, qui c’erano manifesti che promuovevano corsi per DM e giocatori…

      Comunque, come leggo sempre più spesso su blog e siti vari, siamo di nuovo in crescita. Solo negli anni ’80 il gdr ha avuto un’esposizione su TV e libri superiore a quella odierna; la generazione cresciuta a suon di Harry Potter e Signore degli Anelli ha 20 anni adesso e ciò significa che il fantastico è parte della cultura pop.

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    2. Veramente anche dalle mie parti non era facile trovare un gruppo o amici con cui giocare, o meglio sin dalle elementari mi ero avvicinato al settore ma la cosa fu molto estemporanea e solo in seconda superiore trovai un gruppo stabile. Forse c'entrano l'età troppo giovane per "impegnarsi" in questo passatempo e il fatto di vivere in un piccolo centro. Anche se a ben guardare di gente che giocava poi ho scoperto che ne esisteva parecchia dalle mie parti.

      Sulla "crescita" che citi, temo che sia l'effetto-mausoleo per cui si guarda con nostalgia a un elemento dell'adolescenza di molti per farli appassionare a programmi o serie tv, e i gloriosi tempi andati in cui la TSR contava anche 300 dipendenti non torneranno mai più!
      Che il fantasy sia stato abbondantemente sdoganato, però, è sicuro.

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  3. io abito in provincia di Modena ,
    a fine anni 80 ,
    le informazioni erano praticamente nulle ,
    e di inglese sapevamo poco e niente .
    in ambito GDR ,
    ci siamo letteralmente fatti da soli .
    ogni qualvolta trovavamo materiale lo utilizzavamo ,
    e se non esisteva ... lo creavamo !

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