venerdì 14 novembre 2014

D&D, la radio e Carlo Emilio Gadda

Uno dei miei passatempi preferiti è ascoltare la radio, specie da quando, una decina d’anni ormai, ho messo fuori dalla porta di casa l’informazione e tutto ciò che passa attraverso il tubo catodico. Questa è la premessa più striminzita possibile per giustificare la mia partecipazione ad un seminario, tenuto da Pietro Del Soldà, conduttore per Radio3 di “Tutta la città ne parla”, sul tema “Raccontare il mondo in diretta”, uno tra quelli disponibili al Festival di Internazionale di Ferrara di quest’anno. Per chi non sapesse nulla di Internazionale e del Festival ad esso legato, vi giro a questo link. Ma sto andando fuori seminato.

Durante questo seminario, si è anche parlato con Marino Sinibaldi, direttore di Radio 3, di estetica contemporanea, di come la radio sia rinata grazie alla tecnologia moderna (podcast, possibilità di ascolto e interazione tramite smartphone e social network), nonostante le regole basilari sempre valide per una comunicazione efficace siano ancora quelle redatte da Carlo Emilio Gadda.


Il sound di Dungeons and Dragons?
Sulla via del ritorno da Ferrara riflettendo su tutto questo parlare di oralità, della trasmissione di informazione e idee attraverso il racconto, della democraticità del mezzo radio nel quale lo spettatore può intervenire ed essere pari del conduttore, non ho potuto che traslare questa analisi/raffronto sul mondo degli RPG classici. E mi è parso un raffronto sostenibile. Del resto radio e gioco di ruolo tradizionale, avvalendosi principalmente della voce come strumento di comunicazione, hanno un solido denominatore comune.

Quindi forse che le regole radiofoniche di Gadda siano un linguaggio adatto anche per Master e giocatori?

 Rivediamole assieme:

1. Costruire il testo con periodi brevi.
Siate semplici e non usate periodi troppo complessi infarciti di coordinate e subordinate. Tre frasi giusto giusto per descrivere ciò che avviene. Se siete dei giocatori siate succinti, ma sforzatevi un attimino, ed evitate il linguaggio tecnico che è veramente orripilante a sentirsi. Meglio che il vostro hobbit dica: “Tiro fuori il mio trapano a manovella e preparo un foro accanto alla serratura” piuttosto che “tiro scassinare, ho 70%” o "Salto con destrezza il fossato, cercando di aiutarmi con la pertica a mo' di puntello" invece di "Testo il Movement&Manouver, ma ho +10% per la pertica". 
2. Procedere per figurazioni coordinate o soggiuntive.
Beh, come detto sopra. Frasi corte e di senso compiuto.
3. La consecuzione delle idee si distende nel tempo radiofonico e deve avere il carattere di una caduta dal contagocce.
Ogni frase dovrebbe mostrare o far accadere qualcosa in modo da dare il senso di azione e movimento. La narrazione deve avere un passo cadenzato: stringete i tempi ai vostri giocatori a costo di mettergli l'ansia. Il tempo di gioco non corrisponde al tempo reale, ma quando c'è da dichiarare l'azione in un momento concitato dell'avventura, un giocatore che indugi a prendere una decisione dovrà perdere il round.
4. Sono da evitare le parentesi, gli incisi, gli infarcimenti e le sospensioni sintattiche. Una parentesi di più che sei parole è indicibile al microfono. L'occhio e la mente di chi legge arrivano a superare una parentesi, mentre la voce di chi parla e l'orecchio di chi ascolta non reggono.
Niente divagazioni insomma, scordatevi Tolkien, non riuscirete mai a far digerire una digressione sulle abitudine degli hobbit al vostro tavolo da gioco. Se sei parole sono il limite quindi, è lecito dire: “il villaggio degli orchi delle Terre di Pietra, famosi per portare copricapi eccentrici, è finalmente di fronte a voi”, ma non: “il villaggio degli orchi delle Terre di Pietra, famosi per portare copricapi eccentrici, che praticano la poligamia e usano limarsi i denti al raggiungimento della maturità, traguardo attestato da una prova di caccia all’orso… sono finalmente di fronte a voi”.
5. L'ascoltatore non è profeta e non può prevedere "quando" il discorso muterà o "quando" il dicitore lascerà un'idea.
Qui si parla di chiarezza espositiva. Esplicitate la chiusura di una scena o la sua imminente chiusura, non lasciate indugiare troppo i giocatori sullo stesso discorso, anche se stanno facendo del roleplay; ricordo che "On Stage!" fissava una misura teorica della durata preferibile di una scena che non superava una manciata di minuti (da due a cinque, vado a memoria). Non perdete di vista il ritmo, rendete chiara la concatenazione degli eventi e il nesso causa effetto. E ricordatevi che, a dispetto dei giochi moderni, anche il combattimento può essere noioso, specie se soffocato dai tecnicismi. Parola d’ordine è passare avanti, cedere la parola, fare un giro di azioni/decisioni, mutare la scena, cambiare sempre il ritmo.
6. Sarà bene vincere la seguente catena di tentazioni: "Non v'ha chi non creda che non riuscirebbe proposta inaccettabile a ogni persona che non fosse priva di discernimento, il non ammettere che si debba ricusare di respingere una sistemazione che non torna certo a disdoro della Magnifica Comunità di Ampezzo". Più radiofonico: "Tutte le persone di buon senso vorranno ammettere che la sistemazione onorevole proposta dalla Magnifica Comunità di Ampezzo è senz'altro accettabile".
Se parlate difficile e snocciolate gli ultimi vocaboli appresi all’università non otterrete l’effetto sperato, perlomeno nella narrazione. Se dovete interpretare un personaggio forbito e particolare, allora buttateci dentro tutto il vostro sapere. Quando tuttavia parlate al gruppo da narratore, la parola chiave è essere comprensibili. I personaggi dei giocatori sono un caso particolare, se lo volete caratterizzare scrivetevi sul retro della scheda alcune frasi tipiche o una flessione caratterizzante (“il mio tesssoro”), ma siate chiari quando vi esprimete e soprattutto: parlate con i vostri compagni prima che col Master, sono loro la vostra squadra!
7. Evitare ogni infelice ricorso a poco aggiudicabili pronomi determinativi o disgiuntivi o numerali o indefiniti, a modi qualificanti o indicanti comunque derivati o desunti dal pronome o dal numero.
Utilizzo minimo dei pronomi quindi, anche perché le facce che si incontrano in un’avventura fantasy sono sempre abbastanza distinguibili e i nomi pure. Ripeteteli più volte, in modo che il vostro cattivo di turno resti ben impresso nelle menti del gruppo. L’ultima invenzione di un mio giocatore è Rory Ulvart Gheri-Santanasstassian, in questo caso usare il pronome è concesso!
8.       Evitare le rime involontarie, obbrobrio dello scritto, del discorso, ma in ogni modo del parlato radiofonico.
Forse parla in rima qualche razza particolare o qualche mostro ha cadenze specifiche, tuttavia, come per il punto 6, nella narrazione orale cercate di evitare le rime.
9.       Evitare le allitterazioni involontarie, sia le vocaliche sia le consonantiche, o comunque la ripetizione.
Più difficile questa, qui si parla di suono della lingua. Se non vi capita bene, se vi capita i giocatori si adatteranno.
10.   Evitare le parole desuete, i modi nuovi o sconosciuti.
Come detto in precedenza, se non atto alla caratterizzazione di un Personaggio Non Giocante (PNG), parlate come mangiate. I giocatori apprezzeranno la vostra modestia, senza mettere in discussione i risultati dei vostri studi.
11.   Evitare forme poco usate. Non tutti i verbi sono utilmente coniugabili in tutti i tempi, modi e persone»
Insomma, la semplicità al potere. Magari pensavate di dovervi sforzare e invece il trucco è quello di adottare il linguaggio del quotidiano.

Tutto questo per ricordare che il gioco di ruolo è sostanzialmente un esercizio all’utilizzo del linguaggio, di allenamento all’esposizione di un pensiero in pubblico e di creazione collettiva di una narrazione. Partecipare in modo corretto a questo processo arricchisce l’esperienza di tutti i giocatori, rendendola appagante.

2 commenti:

  1. Post molto interessante. Non sono d'accordo su tutto ma in effetti l'analogia ci sta.

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    1. Ciao Luca,

      e meno male che non sei sempre d'accordo! Mi piaci caustico e criticone!

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