mercoledì 12 novembre 2025

Le Regole della Casa del Grognardo: AD&D e il Dual Class

Se c’è una cosa che ha sempre provocato in AD&D una sensazione simile a quella delle unghie che grattano la lavagna sono le regole per i Dual Class. La bi (o tri) classe è la possibilità per gli umani di aggiungere classi addizionali al proprio personaggio. Il multi classe, la variante per le mezze razze – l’esempio classico è l’elfo guerriero/mago – anche se necessitava un’amministrazione accurata da parte del giocatore, era abbastanza chiara e più o meno funzionava. Il dual class no, è sempre stato un accrocchio pazzesco. La sensazione era che, pur sentendosi obbligato a lasciare aperta questa possibilità, il game designer avesse fatto di tutto per evitare questa esperienza al giocatore.
Anzitutto era necessario avere un 17 nei requisiti minimi di classe. Se questo limite non era abbastanza stringente, ecco una serie di regoline e regolette che penalizzavano il giocatore che avesse usato le abilità della vecchia classe, nella transizione verso un livello identico tra le due. Robe assurde. Per fare un esempio: un guerriero al 6° è obbligato a combattere come un mago del 1° fino a quando non egli non giunga altresì al 6° livello con questa nuova classe. Pena, la perdita dei PX a fine avventura.
Per questo motivo, di solito quando leggo le regole di un retroclone, la prima cosa che faccio è proprio verificare come siano stati aggiornati i dual class e i multi class. Fino a oggi non trovato alcun regolamento dove questa cosa funzioni. Alcuni sistemi la evitano esplicitamente, altri lasciano il problema aperto o discutibile.
Se per caso qualcuno di voi ha trovato un regolamento che contenga il colpo di genio fatemi sapere, per favore.

Giusto per essere chiari: non penso che dalla 3a edizione in avanti il problema sia stato risolto. O meglio, sarebbe risolto se si limitasse il livello dei PG al 10°, quella che era la soglia dei Dadi Vita del vecchio D&D, prima di iniziare ad aggiungere da 1 a 3 Punti Ferita per livello. Continuare ad aggiungere Dadi Vita oltre il 9°/10° livello (più bonus Costituzione) fa sì che a livelli medio alti i PG abbiano veramente troppi Punti Ferita. Risultato: combattimenti troppo lunghi e noiosi, sensazione di onnipotenza e via discorrendo.

lunedì 10 novembre 2025

Il memoriale di Gary Gygax

Non ricordo più dove aver letto del kickstarter per il memoriale di Gary Gygax a Lake Geneva. È un monumento del quale si parla da almeno una quindicina d’anni, ma non si erano ancora racimolati soldi e permessi necessari.
Ecco in breve i dettagli del progetto.

Dove sarà posizionato?
Il memoriale sarà situato nel luogo preferito di Gary nel Library Park, un posto che lui stesso aveva scelto personalmente nel caso in cui fosse stato realizzato un memoriale in suo onore. Il parco si trova lungo le pittoresche rive del bellissimo Lago Geneva, nel Wisconsin, e offre una vista mozzafiato sul parco e sul lago. Questo è il luogo dove Gary leggeva libri e immaginava mondi oltre il nostro. Dove sognava di diventare un autore fantasy di successo e di vivere a Stone Manor, una villa dall'altra parte del lago. Un sogno che avrebbe realizzato a metà degli anni '80.

Cosa rappresenterà il memoriale?
Il monumento sarà un tavolo di pietra con panchine di pietra su entrambi i lati e una statua di Gary Gygax seduto su un trono a tema Dungeons&Dragons® a un'estremità. Sopra il tavolo ci sarà una mappa in bronzo del primo livello di dungeon progettato in assoluto per il gioco da Gary nel 1973. La mappa sarà codificata e ridimensionata per l'utilizzo di miniature e i dettagli originali delle stanze di Gary saranno disponibili sul nostro sito web. Ospiteremo anche le legende create da altri Dungeon Master, in modo che i giocatori possano tornare anno dopo anno per giocare nuove avventure ogni volta che ci visitano. I Dungeon Master potranno sedersi accanto a Gary e lanciare i dadi dalla mano di Gary mentre lui li aiuta a gestire la loro partita di Dungeons&Dragons®.

giovedì 6 novembre 2025

Gli sproloqui del Grognardo: perché sono ancora qui?

Tra un mese e qualche giorno e compirò 50 anni. La prossimità a questo traguardo, ma anche un filo inseparabile di nostalgia che ha accompagnato la mia esistenza, sono i motivi che mi hanno portato a empatizzare con l’articolo di Grognardia: why I stayed, perché sono ancora qui. Maliszewski si interroga su cosa abbia fatto sì che, dopo decenni, passi ancora tempo a scrivere e parlare di giochi di ruolo. Si chiede, in particolare, che fine abbiano fatto gli amici con i quali condivideva i pomeriggi, da ragazzino, intenti a vivere avventure immaginarie. Quale sia il motivo che ha portato i più, magari giocatori e master migliori di lui, a staccare del tutto, lasciarsi alle spalle quell’hobby che amavano tanto. Perché lui è ancora lì, mentre altri non toccano più i dadi?
Ci sono passioni che ci si cuciono addosso e ci seguono tutta la vita. Altre che ti appassionano da giovane, perdono completamente di significato in età adulta. Non ti emozionano più, relegate a un periodo di crescita fisica e intellettuale alle quali si sono accompagnate. È capitato anche a me, io sono uno dei traditori. Per dodici anni non ho giocato. Forse era questo verbo – giocare - il problema. Una parola che si associa al periodo dell’infanzia, un campo di addestramento per quando si mette la testa a posto e si diventa grandi. Un po’ come quando andiamo al parco e guardiamo ancora le altalene, è difficile che ci passi per la testa di salirci sopra. Così era per me, non mi sfiorava l’idea di sedermi di nuovo a un tavolo apparecchiato di miniature e cibo spazzatura. I miei manuali erano finiti in un cartone in mansarda, a casa di mia madre. Erano conservati gelosamente, retaggio di un passato glorioso e spensierato, ma non li avevo più aperti. Sarebbe stato un capitolo chiuso se, nel 2013, un amico non mi avesse chiesto di passare una serata a rinverdire i vecchi tempi. La scusa: festeggiare il 40° anno della defunta TSR. Pur prestandomi, lo avevo avvisato che non mi divertivo più. Avevo i miei motivi. Ci avevamo provato sporadicamente altre volte, ed era sempre stato un insuccesso. Per Natale, una tradizione che, riunendoci, rimetteva in discussione le nostre affinità. Come dicevo, il risultato era fallimentare. Vecchi amici, ora conoscenti, che continuavano a giocare come dei ragazzini, con la stessa leggerezza e noncuranza. Un rito che non poteva aver successo, dal momento che scimmiottava ciò che non eravamo più.