Sono almeno tre mesi che il libro avventura
“Una gemma di ghiaccio” prende polvere sulla mia scrivania. La
guardia della copertina si chiede cosa stia aspettando a sfogliare il
libercolo, ignara della presenza del mezzorco Huggarth alle sue spalle.
Ultimamente mi ritrovo a scrivere e tradurre sempre più spesso, a
portare avanti qualche gioco nel cassetto dalle molteplici vite e
quindi, ahimè, non ero riuscito ancora a mettere nero su bianco questa
recensione.
Quello
che mi sta più a cuore di “Una gemma di ghiaccio” è proprio l'immagine di copertina, opera di Robert Fumble, immagino nome d'arte di chissà quale artista amatoriale, datata 1986. Da ragazzino, girando per le strade del
mio quartiere, suppongo fosse il 1988-89, era utilizzata come sfondo per
una locandina che pubblicizzava un corso per giocatori e DM di D&D.
Organizzatore del seminario era il Club Treemme di Modena. Allora, come
ho già detto in altri post di questo blog, mi dilettavo, neanche con
troppa passione, principalmente alla lettura dei Librigame e non mi era del tutto
chiaro a cosa si riferisse quell’affissione. Rimase comunque ben impressa nella mia memoria, quell'immagine, perché la riconobbi facilmente mesi più tardi utilizzata per introdurre il modulo di cui andremo a parlare, la cui stampa risale a Gennaio 1989.
Per
un certo senso di nostalgia su cui si basa l’impianto del blog vorrei
quindi ripartire da lì, dalla copertina di “Una gemma di ghiaccio”.
L’avventura, un libretto di 24 pagine, fu originariamente studiata come prova finale del primo torneo
italiano di AD&D, quindi riadattata, per invogliare comprensibilmente qualche ulteriore acquirente, anche per il MERP (GirSA se volete) e i Signori del Caos,
il gioco di ruolo della sempre compianta casa editrice Black-out. Gli autori sono
Gianluca Abbati e Marcello Missiroli, quest'ultimo noto anche per la collaborazione a Crom e Kaos, nonché uno degli autori del gioco di ruolo di Ken il Guerriero (1994).
Una Gemma di Ghiaccio |
Ecco, di seguito, il passaggio introduttivo all'avventura:
"La neve entrava sibilando dalla porta mal chiusa della taverna. Chissà quanto ancora sarebbe durato quel tempaccio, si chiedeva Elyar sorseggiando lentamente la sua coppa di Vahar, un vino locale. Doveva sbrigare molte cose altrove e solo l'amicizia con Laiskund (e la promessa di un enorme guadagno) lo avevano spinto ad accettare quel bizzarro appuntamento in un paesino sperduto nelle montagne. Comunque, ancora un'altra bottiglia e poi se ne sarebbe andato: a tutto c'era un limite, anche al ritardo.
La porta si aprì tra un coro di imprecazioni e commenti sulla tormenta. Due uomini si incamminarono verso l'angolo in cui sedeva Elyar. Uno di essi apostrofò l'elfo cordialmente: "Salve Elyar! Piaciuta l'ospitalità di Braizahn?"
Elyar fu lì lì per dire a Laiskund cosa pensava ESATTAMENTE di lui, ma lasciò perdere e simulò un sorriso.
"Ah...bene, finalmente eccoci qua: sono riuscito a trovare la persona giusta per la nostra missione. Vorrei presentartelo, il suo nome è Huggarth."
Elyar porse la mano sorridente al secondo individuo ma, mentre questi la stringeva, noto qualcosa che in primo momento gli era sfuggito. Il sorriso gli svanì dalle labbra e la sua mano corse alla spada mentre si alzava urlando: "Maledetto sia tu, Laiskund. Prima mi fai aspettare tre giorni in questa fogna di paese, poi mi fai perfino toccare da questo sporco e schifoso..." Come d'incanto una lama era apparsa in mano a Huggarth. La sua voce, bassa e roca, sussurrò: "Se fossi in te ci penserei due volte prima di insultare un seguace di Shargaas."
Elyar ammutolì e si sedette di nuovo, facendo riprendere i commenti all'interno della taverna. E così, Laiskund aveva reclutato nientemeno che uno di quei pazzi orchi assassini che uccidevano senza motivo. Doveva essere impazzito.
"Smettetela tutti e due", riprese Laiskund, "questa volta la posta in palio è troppo grossa perché ci lasciamo trasportare da inutili pregiudizi. Vi sarà una buona fetta di guadagno per tutti se mi starete ad ascoltare".
"Fin da due anni fa, quando ritornai dalla battaglia con Loki, avevo posto gli occhi su quella gemma che il dio aveva regalato al sacerdote di Thor. A volte mi svegliavo la notte a pensare come avrei fatto a impadronirmene. Infine, ricercando e investigando, ho saputo che il sacerdote Miskin è partito e tornerà solo tra quattro giorni. Il passo è bloccato e forse dovrà aspettare che il tempo migliori. Con lui nel tempio non avremmo possibilità, ma... così ce la faremo. Ho una specie di mappa e quei preti sono ricchi sfondati!"
Elyar rifletté un momento ed infine decise: "D'accordo, Laiskund. Va bene un terzo come al solito?".
"No, faremo solo a metà. Con lui ho un accordo speciale".
Come per rispondere ad una domanda inespressa, il mezzo orco soggiunse: "Già, mi ha promesso una cifra fissa; tutto il resto non mi interessa !", e mostrando la lingua in modo osceno, "io UCCIDO e basta".
Ricordo che il modulo fu recensito da Crom e gli fu assegnato un "6", risultato un poco inglorioso col senno di poi. A dire il vero non credo, forse allora non era possibile, che il recensore capì fino in fondo quanto "Una gemma di ghiaccio" fosse una di quelle avventure, nostrane per giunta, che, se i giochi di ruolo fossero mai stati un passatempo popolare nel Bel Paese, potrebbe essere citato come esempio di spartiacque tra la vecchia scuola e la nuova scuola di D&D.
Il 1989 è infatti anche l'anno di pubblicazione della seconda edizione dell'Avanzato e l'influenza della Dragonlance e della scatola grigia contenente l'ambientazione dei Reami Dimenticati (1987) era piuttosto recente. Insomma, da qualche tempo, come hanno teorizzato tanti blogger, il vento aveva cominciato a spirare in una direzione differente, ispirando un diverso modo di concepire le avventure.
Dalla sola introduzione è evidente come tuttavia Abbati e Missiroli, in maniera inconsapevole suppongo, fossero ancora pregni dello stile proposto nei primi moduli di D&D. Il plot dell'avventura, così come i protagonisti che i giocatori devono calzare, rappresentano l'incarnato sano della filosofia gygaxiana (minuscolo perchè usato come aggettivante). La loro moralità è ambigua, non hanno interesse per un bene comune, ma bramano solo una sorta di rivincita personale e la ricchezza. Del resto nemmeno il monastero da depredare è un'isola di bontà: lontano dal mondo civilizzato, vicino ad una "fogna" di paese dove le uniche distrazioni sono una La scarpa di Odino, la locale taverna, e Il Bocciulo di Bucaneve, la casa di tolleranza, cela "enormi ricchezze" e si disinteressa di ciò che accade fuori di esso.
Laiskund, Elyas e Huggarth non si amano, ma collaboreranno fino a che avranno un obiettivo comune. Trovo che in queste poche pagine ci siano veramente tanti spunti di gioco, che permettano un ventaglio di esiti non banali e pretestuosamente buonisti.
Per questo "Una gemma di ghiaccio" è un modulo maturo, al di là della difficile impresa che i personaggi dovranno portare a termine, il furto della gemma, che fin dal principio insinua nel gruppo il sospetto verso gli stessi membri che lo compongono. Forse la sfida più grande è proprio questa, in grado però di arricchire i giocatori più inesperti o avvezzi a delle letture forse fin troppo semplicistiche, o ottimiste, dell'animo umano.
Concludendo, "Una gemma di ghiaccio" a mio modesto giudizio merita almeno un 8, risultando originale di fronte alle sfide altisonanti dal sapore epico delle avventure più moderne, in particolare per la sua profondità e per il suo coraggio di essere uno specchio sincero dell'animo inquieto dei veri conquistatori/esploratori.
Come sempre un pezzo molto buono e interessante. Resto purtroppo perplesso (per non dire infastidito!) al pensiero di quante perle misconosciute mi sono perso, compresa questa di cui confesso che ignoravo l'esistenza.
RispondiEliminaSono in buona compagnia, comunque, visto che una rapida ricerca su Google riporta quasi esclusivamente al tuo blog. Continua la tua meritevole opera di recupero di altre gemme del passato, Mattia, più di un appassionato te ne sarà grato!
Il misero 6 che venne dato all'avventura mi pare un invidiabile esempio di onestà intellettuale (al di là del giudizio che come segnali è probabilmente ingiusto): Crom era l'house organ della Black-Out, era come se su Dragon sputtanassero i prodotti della TSR!
Ma queste perle (come i numeri di Crom) tu li prendesti all'epoca e li hai conservati oppure li hai collezionati col tempo?
Ciao Luca,
Eliminacome sempre grazie per la tua lettura. Non so in effetti quanti appassionati frequentino questo forum, ma sto scoprendo in me l'animo del divulgatore di merci rare, finché dura andiamo avanti.
Circa, il modulo, spero di riuscirlo ad aggiungere in pdf previo consenso degli autori. Vedremo.
Non ho con me i Crom (li ho prestati ad un amico che mi ha scansionato Manco li Cani, a seguito del tuo rimbrotto sulla qualità del materiale!), ricordo però che uno dei motivi per i quali il recensore aveva "bocciato" l'avventura era proprio il suo disappunto nel vedere come metteva un giocatore contro l'altro. Notare che l'avventura, essendo da torneo, doveva essere completata in un tempo utile pari a 3 ore, nelle quali si includeva la familiarizzazione con la scheda. Il rischio di un diverbio diventava quindi letale al fine del successo dell'impresa. Altro fatto da considerare era che i giocatori erano valutati singolarmente e non come squadra, insomma immagino ci fosse una certa tensione al tavolo da gioco.
Vero però che bisogna lodare il distacco dimostrato nell'attribuzione del giudizio, nonostante il modulo giocasse in casa.
Per rispondere all'ultima tua domanda: sì, tutti i Crom, Kaos, Unicorn, Rune e via dicendo li presi all'epoca e Una Gemma di Ghiaccio non fa eccezione. Del resto il materiale in italiano era pochissimo e io avevo 13 anni appena. Oltretutto alle medie avevo studiato tedesco e non inglese, i cui rudimenti vennero con la prima liceo.
Necessitavo quindi di una guida, anche cartacea, che mi aiutasse a capire quel mondo. Adesso che mi ci fai pensare, per lungo tempo, giocammo all'Avanzato come si fosse trattato del D&D "scatola rossa" e non ti dico che traduzioni annotavamo a matita sui nostri PH! Avevamo una volontà da vendere, te lo dico io! Dove lo trovi un vicinato di ragazzetti tra i 9 e i 13 che, vocabolario alla mano, si mettono a tradurre un manuale di 300 pagine in una lingua che non conoscono?
Bei tempi!
Eh! Eh! Vedo che i rimbrotti servono a qualcosa! Rispetto alla mia esperienza mi sembra che tu sia stato fortunato, forse hai qualche anno meno di me (io sono del 1976) e quando eri giovane tu i giochi di ruolo erano già abbastanza diffusi e conosciuti. Io invece, anche perché vivevo in un piccolo centro, non ho avuto molte occasioni di contatto e acquisto con il materiale che usciva a fine anni '80. Ma ad essere sincero credo che col resto del gruppo avremmo snobbato i prodotti made in Italy che invece adesso apprezzo molto. Fatto salvo che Rune, Excalibur e Kaos erano acquisti obbligati quando si trovavano.
EliminaRileggendo la risposta e facendo due conti mi pare di capire che sei sel 1974. Beh, aver avuto un posto nel 1989 dove comprare tutte quelle rarità era veramente una fortuna!
EliminaClasse 1975! Comunque, sì, assieme a Verona e Padova direi che Modena sia stata una piazza privilegiata negli anni '80 e '90.
EliminaDi Verona non saprei, ma su Padova ti dò ragione su tutta la linea visto che ricordo che amici miei ci andavano (complice il fatto che ci studiava una sorella più grande di uno di loro) per procacciarsi materiale altrimenti introvabile. Ricordano ancora con gioia gli affaroni (viste le quotazioni attuali, ma anche la qualità dei prodotti) che fecero comprando la Rules Cyclopedia, il boxed set Wrath of Immortals e il gazzetter The Five Shires.
EliminaA Trieste invece lo storico negozio Fantasylandia sarebbe arrivato solo verso metà anni '90.
Cito Verona perché dal 1981 ci opera il negozio "I giochi dei grandi" che allora scriveva tutte le traduzioni che poi erano consegnate assieme al gioco originale all'acquirente anche a Modena. Noi cominciammo appunto grazie a queste traduzioni a giocare a Talisman e a Dungeonquest!
Eliminadovrei ancora avere un catalogo de I Giochi dei Grandi da qualche parte.
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