L’autunno è una stagione intermedia che precede l’arrivo del
gelido inverno. È quel momento che preannuncia la fine: le foglie cadono, le
giornate sono appena tiepide e la notte tende prendere il sopravvento sul
giorno. Nella vita di un essere umano è un momento nel quale si possiede oramai
sufficiente esperienza per giustificare un certo cinismo di fondo, che non è
più quel sentimento nichilista ribelle della giovinezza, ma un consapevole
aggregato di storie e vicissitudini.
L’autunno del gioco di ruolo non sempre corrisponde ad
un’età anagrafica, a volte è semplicemente un’attitudine di alcuni giocatori a
“studiare” (più che leggere) i regolamenti e all’ottimizzazione esasperata dei
personaggi. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, è un momento che arriva per
ogni giocatore stagionato, oramai incapace di prendere seriamente una storia o
affezionarsi al proprio personaggio, o che colpisce coloro che giocano troppo
di frequente e in svariati gruppi, per i quali l’esperienza che stanno
svolgendo è una come tante: la trappola mortale, il negromante di turno,
l’oscura entità che viene da un piano parallelo non sono più emozionanti poiché
sono divenuti ormai cliché ripetuti e vissuti chissà quante altre volte.
Quanti colori rimangono indietro lungo il cammino? |
Alcune delle situazioni più frequenti che si verificano con
i giocatori afflitti da questa “sindrome
autunnale” sono:
·
Parlano in slang invece di descrivere l’azione -
es. faccio un arcana +6 con proficiency,
invece di “ispeziono accuratamente l’artefatto"
·
Lasciano i propri personaggi al DM a fine
sessione. C’è da dire che questo comportamento è tipico anche di coloro che non
amano particolarmente questo passatempo, ma per qualche motivo vi sono
costretti – es. la morosa del DM costretta a giocare, l’amico dell’amico che
purtroppo è in una compagnia di nerd, ecc.
·
Irrompono sempre e comunque con una battuta nel
mezzo di una situazione di tensione che il DM, con grande sforzo e cura, ha
cercato di confezionare al tavolo.
Il giocatore con questo tipo di approccio, ormai svuotato
del “fanciullino” di pascoliana memoria, è deleterio al tavolo e contagioso,
capace di innescare una reazione a catena. Potrebbe, da solo, col suo sarcasmo
raffinato o l’improvvida battuta salace, rovinare ambientazioni che fanno
dell’atmosfera il loro cardine: ho
assistito giocatori, con i loro personaggi in punto di morte, prendere in giro
gli abitatori del profondo a il Richiamo
di Cthulhu, con somma esasperazione e rassegnazione del custode.
Sono sempre stato dell’idea che un gioco di ruolo sia tale
se, messi a sedere un giocatore veterano e uno privo di qualunque esperienza, a
parità di buon senso abbiano le stesse probabilità di cavarsela in una
situazione critica. La spiego con un altro esempio:
·
Il veterano potrebbe dire: ”Stealtho (sì, prima
persona presente indicativo del verbo “to strealth, o meglio steathare”)
prendendo vantaggio della cover e backstabbo x4
·
Il giocatore privo di esperienza invece : “esco
dal colonnato e mi avvicino silenziosamente al figuro, pugnalandolo alle
spalle”.
Il concetto è che dovrebbe essere compito del DM convertire
linguaggio narrato in prova e meccanica, determinare il risultato e descriverne
l’esito. Il giocatore che ormai parla in “linguaggio macchina”, tronfio della
sua cultura ludica, ha dimenticato la regola sacra del gdr e della narrazione
fantastica/scientifica.
La regola sacra del gdr è non servono le regole per saper
giocare. La regola sacra della narrazione fantastica/scientifica è il patto lettore-scrittore,
nel quale quest’ultimo ammette plausibile ogni bizzarra invenzione del
narratore, a patto che sia regolamentata da una serie di regole verosimili.
Come Yoda che, sguainata una spada laser, comincia a saltare
da una parete all’altra di una stanza per combattere attivamente i Sith; come
Legolas che fa snowboard con lo scudo di un orco giù per una scalinata, mentre
scocca frecce abbattendo i nemici che assediano il fosso di Helm; anche il
veterano stagionato, con il suo comportamento, ti schiaffeggia mentre trasognante ti godi la
narrazione.
E quello schiaffo, rumoroso nel mezzo della sala, ti
sveglia, ti eietta dalla storia opacizzando un po’ tutta l’esperienza.
L’autunno del gioco di ruolo precede l’inverno del gruppo,
un congelamento nel quale DM e giocatori decidono di prendersi una pausa.
Questa pausa li può allontanare dal gdr o li può spingere verso nuovi gruppi,
più freschi, che sappiano nuovamente entusiasmarsi ed immedesimarsi nelle gesta
di un alter-ego.
Stiamo quindi attenti ai nostri cuori, nella realtà come
nella fantasia. Se si perde il senso di nuovo e di ricerca inevitabilmente la
storia stalla, la tensione scema, la maschera cala e si esce di scena. Volenti
o nolenti, presto o tardi, vi capiterà che statistiche
e meta-gioco minaccino di riportandovi alla realtà quando, per qualche ora
almeno, volevate calarvi in uno scenario alternativo fantastico, differente dal
quotidiano che normalmente vivete.
Sopravvivete all’autunno e, forse, vedrete una nuova
primavera.
Lo sai che per me è l'inverso? Sarà che ho cominciato a giocare "seriamente" con alcuni discreti rules lawyers e nello specifico ad Advanced Dungeons & Dragons, che vista la sua natura castrante portava un po' a max/minizzare.
RispondiEliminaAdesso mi godo molto di più la semplice parte narrativa del gioco, e vedo che anche altri giocatori quarantenni come me lo fanno, arrivando spesso a inseguire dei loro progetti incuranti dell'avventura che si sta svolgendo davanti a loro! Parlo della campagna pluriennale che stiamo portando avanti insieme al nipote del master e ai suoi amici meno che ventenni, che in effetti mi sembrano sulla nostra stessa lunghezza d'onda.
Purtroppo i giocatori che sparano cazzate durante le partite sono una vera rottura di palle a volte, ma spesso la battuta ci sta, dai!
E tutto sommato usare un linguaggio tecnico è utile per chiarire subito quello che si vuole fare ("lo colpisco alla spalle" così ho solo il bonus +2 oppure "gli faccio backstab" e uso l'abilità?)
Ma infatti Luca,
Eliminatu vieni e pratichi un gioco che non permette tanti tecnicismi. In D&D base, come Uno Sguardo nel Buio, come Kata Kumbas (vecchia edizione), c’era e c’è poco da tirare in ballo capacità e poteri, bonus e particolarità di classe.
La fantasia scorre libera e si svela nel dialogo tra le parti: vuoi fare una capriola e attaccare l’avversario alle spalle? Il DM risponde: prova di Destrezza -4, se riesci attacchi a +2, se no perdi il round.
Non mi riferisco alla situazione attuale di gioco che sto vivendo, ma a quelle che mi capita di vedere attorno a me. È come se più i giocatori si impratichissero, meno sapessero giocare veramente. Mai avuto questa impressione?
Riguardo alla battuta, beh, rimango della mia opinione. Certi burloni devono rimanere fuori da giochi di tensione come Ravenloft, Vampiri e Il richiamo di Cthulhu. Li invitiamo solo quando si gioca a Paranoia o Toon!
Purtroppo o contribuisci all’atmosfera o meglio passare la mano.
Eh, io purtroppo ho avuto la disgrazia di giocare con "buffoni" (e praticamente solo con loro) anche a Ravenloft e Cthulhu, dopo un po' ci fai il callo...
EliminaHai messo la moderazione dei commenti oppure ho sbagliato a postare il commento?
RispondiEliminaSì, volevo capire anche come funziona questa opzione ;)
EliminaAh, ok.
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