mercoledì 2 aprile 2014

La gestione del turno in un gioco di ruolo

Giusto per chiarirvi le idee non si  parla di turno inteso come round di gioco, ma di quali sono le dinamiche messe in atto dai giocatori per alternare l’attribuzione/ cessione della parola durante una sessione di gioco. Forse già intravedete dove voglio andare a parare. Quando ci sediamo al tavolo con altre persone, che siano gli amici di sempre o facce sconosciute, possiamo verificare diverse dinamiche comportamentali. In parole spicce c’è sempre il più estroverso e invece chi fatica a parlare, c’è quello che tende ad interrompere, quello che parla sempre e/o solo col master e via dicendo. Alcune delle pratiche virtuose del gioco di ruolo sono l'abitudine a parlare di fronte ad un pubblico, al ragionamento condiviso (i famosi brainstorming e problem solving), alla ricerca della concertazione (non è detto che tutti la pensino allo stesso modo o si amino a prima vista) e, non ultima, l'esercizio all’ascolto. Quelle menzionate sono delle vere e proprie abilità che non necessariamente tutti padroneggiano a dovere.


Un gruppo di gioco, l'incontro di diversi modi di porsi!
Dato che il motore del del gioco si incerniera sulla possibilità di contribuire con un pensiero alla dinamica degli accadimenti, un buon Master ha anche un ruolo di moderatore; suoi sono i compiti di cercare di migliorare l’interazione dei giocatori e la circolazione della parola, fino a che essa non diventi uno strumento proprio del gruppo. Se notate una certa confusione e accavallamenti nelle vostre sessioni, se vi pare che ci sia poca collaborazione da parte dei giocatori alcuni semplici tecniche da mettere in atto sono:


·         Chiedere sempre un sunto delle azioni del gruppo come entità unica (es. qualcuno mi riassume un po’ quello che fate?) à questo costringe in qualche modo i giocatori a dialogare e ad accordarsi su di un’azione coordinata. È sempre possibile una voce fuori dal coro, ma almeno dovrà esplicitare con gli altri la sua azione
·         Moderare nel vero senso della parola l’accesso al turno, in modo da dare occasione di intervento anche a giocatori più timidi/ introversi (spesso le persone silenziose sono anche più riflessive e potreste rimanere stupiti dalle loro trovate)
1.     direttamente (es. fermi tutti, ognuno adesso mi dice cosa intende fare, facciamo il giro del tavolo da destra a sinistra)
2.  indirettamente, identificando un giocatore che possa fare da collettore e spingendolo a sopperire al vostro intervento descritto sopra. Questo, in effetti dovrebbe avvenire naturalmente e la scelta dovrebbe essere lasciata dai vostri giocatori. Spesso nel gruppo si palesa implicitamente una figura a cui tutti si riferiscono. Se sarete in grado di vederla, basterà spingere questo giocatore a prendere le redini della situazione e a moderare gli interventi.

Prendendo come esempio il regolamento di D&D nelle sue declinazioni (per come lo conosco), di edizione in edizione, certi meccanismi, forse non propriamente voluti, sono andati sfilacciandosi. Provo a fare un excursus in base alla mia esperienza, ma probabilmente qualcuno potrà aiutarmi a mettere meglio assieme le idee:

·       OD&D à propone la figura del caller.  In effetti, nell’edizione originale di D&D, (ma anche in Uno Sguardo nel Buio mi pare di ricordare), si individuava un giocatore e gli si attribuiva il ruolo di “caller” o “portavoce” (USnB). Se interpreta la regole alla lettera, questa persona era l’unica ad avere la possibilità di conferire col Master, un po’ come il capitano di una squadra di calcio. In realtà, alle origini c’era bisogno di una persona che riassumesse le azioni di tutti perché un gruppo poteva essere composto anche di 10 persone, poi sappiamo come è finita, il gruppo medio odierno di un tavolo conta 3/4 giocatori più il Master. Ad ogni modo, se la regola del portavoce può risultare antipatica ai giocatori, li spingeva anche ad una maggiore interazione.
·     AD&D à nella seconda edizione il processo decisionale avviene in anticipo allo svolgersi delle azioni. Mi spiego meglio, prima il Master decide cosa faranno gli oppositori dei PG (senza riferirlo ai giocatori), i giocatori quindi dichiarano le loro azioni, infine si determina l’ordine di iniziativa del round. Il fatto che i giocatori debbano dichiarare le proprie azioni tutti assieme incentiva la coordinazione del gruppo. Si è più liberi rispetto all’edizione precedente, ma ci si deve comunque confrontare.
·        D&D 3/3.5 à nella terza si cambia nuovamente, si  snellisce il processo dell’iniziativa, c’è infatti un solo tiro che dura per tutto lo scontro che si determina all’inizio dell’incontro. Ogni giocatore, quando tocca la suo personaggio, istruisce il Master circa le azioni che saranno compiute. Se da un punto di vista di meccaniche pure il gioco fila via più liscio, dal punto dell’interazione giocatori siamo arrivati a favorire l’individualismo. Non sto dicendo che non ci si può più mettere d’accordo, semplicemente che non è più necessario: nessuno deve più riferire a nessuno, i giocatori apprendono l’azione degli altri membri del gruppo poco prima che essa avvenga.

Ho portato l’esempio più ovvio che è quello di un combattimento, ma in effetti è un dettaglio: il sistema di regole adottato dal gruppo non è determinante nella prassi di discussione del gruppo di gioco.
Ad ogni modo, visto che potrei avervi già annoiato con queste fisime, l’idea non vuole essere censurare il giocatore propositivo, ma disciplinarlo ed educarlo all’ascolto degli altri e alla collaborazione. La confidenza con amici stretti o l’entusiasmo del momento può giocare brutti scherzi, infatti l’interruzione di una persona mentre questa sta parlando o il totale disinteresse al contributo che sta cercando di apportare alla sessione è un problema grave che deve essere arginato. Pena è la frustrazione di un giocatore più introverso o alle prime armi che potrebbe presto stancarsi di una situazione di questo genere.

I gruppi che lavorano bene raramente sono rumorosi, hanno giocatori che cercano di darsi spazio vicendevolmente (non è un caso che nella 2a Edizione fosse premiato con PX aggiuntivi il giocatore che cercasse di coinvolgere gli altri membri del gruppo nelle dinamiche di gioco) e decidono il da farsi comunitariamente. In questi frangenti anche arbitrare diventa più facile perché il Master è sgravato dall’annoso problema della gestione dell’intervento e della moderazione.
Se avete mai arbitrato qualche sessione sono sicuro di avervi colpito al cuore e che condividerete questa piccola lezione di “bon ton” da gdr. Alla prossima.

6 commenti:

  1. Eh, annosa questione... io ho notato che un certo ruolo nella partecipazione più o meno attiva nel gioco lo rivestono anche la stanchezza e l'interesse verso una particolare scena o sessione di gioco. Non dico nulla di nuovo, ovviamente. Come giustamente hai detto è fondamentale l'attenzione del Master che sappia coinvolgere, o almeno ascoltare, un po' tutti.

    En passant, salvo inconvenienti dell'ultim'ora, sabato sarò al Modena Play (dalle 13:00 alle 18:00 circa, credo).

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    1. Ciao Luca,

      mi sa che difficilmente riuscirò ad essere reperibile prima delle 18.00; tu rientri subito o ti fermi in serata?

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    2. abbiamo il treno del ritorno alle 19:01!
      Nel reportage che farò quest'anno mi sa che non riuscirò a mettere una tua foto, allora!

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  2. Ed ecco il reportage:

    http://lucalorenzon.blogspot.it/2014/04/modena-play-2014.html

    Spero tu sia divertito, mi è sembrato che la fiera sia cresciuta tantissimo.

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  3. Ciao, mi sono letto gli articoli del tuo neonato blog tutto d'un fiato. Bellissimi. Ti seguo volentieri :)

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    1. Ciao,

      grazie a te che hai avuto la cortesia di indugiare da queste parti! Strano a dirsi, ma qualche amico melo sto facendo con queste piccole rubriche. E' sicuramente la ricompensa più gradita. A presto allora! (spero).

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