Con
questo articolo mi appresto alla prima recensione del blog. In realtà
pensavo di partire con qualcos’altro, ma il fatto è che la
settimana scorsa vedo un messaggio di un amico sardo su Facebook che
mi avvisa di un filmetto americano intitolato Zero Charisma
(2013). Più che avvisarmi, mi scrive che guardando al trailer
non ha potuto che pensare a me. Mi incuriosisco quindi, guardo il
trailer e leggo qualche recensione.
Il
film non ha una bruttissima nomea e si trova facile in rete, decido
quindi di procurarmelo…
Nel
caso anche voi, leggendo queste poche righe, siate adesso solleticati
dall’idea di una visione, vi allego il trailer e vi avverto che il
film è completamente in inglese (o almeno, io non ho trovato una
versione italiana). Il film, come si può intendere dal gioco di
parole insito nel titolo, fa riferimento alla bassa attrattiva che i
giocatori di ruolo (e da tavolo aggiungerei) esercitano sul mondo
esterno.
La locandina di Zero Charisma |
La
sua vita risplende solo un giorno a settimana, quello nel quale si
ritrova con gli amici e arbitra una campagna che procede da 3
anni ad un gioco di ruolo da lui inventato.
A rompere l’equilibrio della sua routine è il forfait di uno dei suoi amici dovuto ad un estremo tentativo di salvare il matrimonio in crisi. Inizia quindi per Scott la ricerca di un degno sostituto e qui arriva Miles, un geek di natura più moderna, il quale ha trasformato delle sue piccole diversità un’attrattiva: è intelligente, stiloso e interessante, convive con una bella ragazza e, soprattutto, ha una vita sessuale regolare. Inutile dire che il nuovo arrivato sconvolgerà gli equilibri del gruppo non solo nel mondo virtuale, ma in particolare in quello reale.
A rompere l’equilibrio della sua routine è il forfait di uno dei suoi amici dovuto ad un estremo tentativo di salvare il matrimonio in crisi. Inizia quindi per Scott la ricerca di un degno sostituto e qui arriva Miles, un geek di natura più moderna, il quale ha trasformato delle sue piccole diversità un’attrattiva: è intelligente, stiloso e interessante, convive con una bella ragazza e, soprattutto, ha una vita sessuale regolare. Inutile dire che il nuovo arrivato sconvolgerà gli equilibri del gruppo non solo nel mondo virtuale, ma in particolare in quello reale.
Senza
addentrarmi ulteriormente nel copione, la mia impressione è che il
film tratteggi piuttosto bene il ritratto del nerd vecchia scuola e
riesca in questo a strappare qualche sorriso, tuttavia da commedia il
taglio a cui la pellicola approda è quello del dramma. La ragione di
esistenza di Scott è il gioco di ruolo e vedersi sottratto il suo
piccolo palcoscenico da Miles lo mette di fronte ai fallimenti della
sua vita. La morale, esplicitata più volte nell’ora e mezza di
visione, è: questo non è un lavoro, ma divertimento. Scott
rifiuta questo concetto, perché significherebbe ammettere che
l’unico ambito nel quale si è veramente applicato e dal quale ha
qualche ritorno d’immagine, seppur in una cerchia ristretta, non
dovrebbe essere preso così seriamente.
Completata la visione, aldilà dei giudizi cinematografici, non ho potuto non pensare a chi sono io e a come viene affrontato questo passatempo. Nonostante la figura di Scott sia stigmatizzata, si deve ammettere che il mondo del gioco pulluli di figure peculiari. Aggirandosi per le convention e stilando una casistica dell’avventore tipo si arriva ancora a teorizzare una check-list che è l’essere umano Scott. Fortunatamente, mi pare di notare che, essendosi alcuni generi e concetti sdoganati, il genere giocatore si sia evoluto grazie ad un'utenza più ampia e che l’hardcore nerd si sia ingentilito nella più innocua tipologia alla Big Bang Theory. Se gli anni 70-80 il gruppo del BADD (Bothered about Dungeons&Dragons) puntava il dito all’hobby a causa del continuo riferimento a streghe, assassini, diavoli, demoni e quant’altro (cosa che portò al ripulisti della seconda edizione), io rimango maggiormente preoccupato dal coinvolgimento emotivo che il gdr può avere su adulti e ragazzini.
Il
fatto è che i nostri alter ego conducono, il più delle volte, vite
molto più esaltanti, gloriose e remunerative delle nostre reali
esistenze e ciò rischia di portarci ad apprezzare maggiormente i
momenti di gioco rispetto a quelli vissuti al di qua delle terre
fantastiche.
L'altra locandina del film |
Facciamo
chiarezza: il gdr può essere una vera boccata di ossigeno, un
antistress eccezionale dove intraprendere rapporti veri con i
compagni di gioco, permette di tentare ingegnose collaborazioni, sperimentare
nuove vie altresì pericolose nella vita vera, affina
la capacità di parlare in pubblico, la gestione del
turno d'intervento in un colloquio tra più partecipanti e la capacità di ascolto, ma se preso
nel modo sbagliato rischia di avviarci ad un’inversione delle
priorità e degli obiettivi, del reale e dell’irreale. Insomma, il
dilemma è aperto, come tutte le attività umane, quando svolte con
passione, può essere totalizzante e appagante; tuttavia rischia di
essere talmente geniale da risultare estraniante.
Ricordo
chiaramente da adolescente che, mentre giocavamo, la madre dell'amico
che ci ospitava commentava con una vicina che manco capiva cosa
dicessimo. Sapeva però eravamo completamente assorti in un mondo
immaginario e che questo era pagato con qualche insufficienza di
troppo a scuola.
Questo
blog vuole essere uno strumento di confronto e mi accollo il rischio di raccontare
sinceramente la mia esperienza. Spero quindi che nessuno si offenda e che vogliate comprendere ciò che intendo comunicare. Credo che la capacità estraniante
del gdr vada soppesata e che sia compito di tutti i partecipanti
capire se qualcuno, specie in giovane età, stia passando la soglia
che può condurre a qualche problema di socialità, che comunque
spesso sono già insiti nell'individuo che li dimostra.
Per
chiudere, mi appello al buon senso perché questo passatempo non sia
discriminato, ma valorizzato. C'è tanta cultura nella testa e nei
cuori di chi gioca di ruolo e una capacità di astrazione che, se indirizzata correttamente, dà ben altri frutti che quelli dimostrati dallo Scott di Zero
Charisma.
P.S.
Giusto perché si sappia, il mio amico sardo giocò una volta sola con me e si divertì moltissimo. Lavoramo a Londra, eravamo belli, giovani, pieni di grandi ideali e sognavamo un mondo differente. Sempre perché si sappia: tutto questo non è cambiato!
Siccome ho attraversato, in passato, periodi in cui ero fin troppo invasato per i gdr, sento molto mie queste tematiche. In effetti, al tempo, pensavo che i gdr fossero il mio problema, ma ora ho capito che sbagliavo. Giocare di ruolo rappresenta una bella via di fuga dalla realtà, e se ne abusi... bhe... evidentemente è perché hai qualche grosso problema con la vita vera! Se sei una persona equilibrata, per quanto la passione ludica bruci in te, non ti consumerà mai; se invece non lo sei... ti attaccherai alla prima via d'uscita che trovi, che sia un'ossessione, un credo o una droga. Se davvero qualcuno vuole aiutarti, non ci riuscirà certo impedendoti di giocare o cercando di farti riflettere sulla futilità di quello che stai facendo, perché non è quello il problema. Anzi, forse il quel periodo della tua vita è la tua unica ancora di salvezza.
RispondiEliminaChe bella riflessione Sikander, grazie del tuo contributo.
EliminaOgni passatempo richiama una schiera di appassionati: lo stadio, la musica, gli sport di montagna e di mare e via dicendo. Una parte di queste persone si rifugia nei propri passatempi, come giustamente fai notare, per coprire qualche altro tipo di problema.
A seconda del ramo, se ci si prende troppo sul serio, si può mettere a rischio la propria incolumità personale, fisica o psicologica. Ma come dice una canzone dei Cani “le velleità a volte ti aiutano a scopare” o comunque a sopravvivere meglio quando il resto della vita non funziona esattamente come vorresti.
Insomma, qualunque tipo di eccesso è nocivo, ma è anche vero che ho visto almeno quattro o cinque persone trovare rifugio nel gruppo o nell’associazione di cui faceva parte e grazie ad esso sopravvivere alle intemperie della vita.
Insomma, cosa aggiungere? Dalla tua riflessione profonda, intuisco che il peggio è passato e che adesso navighi sereno. Questo, chiunque tu sia, ti assicuro, mi fa veramente piacere.
Grazie per essere passato di qua.